Lettera dal Land
Baviera, fine Novembre 2015
#1 Del sorriso del mare e della neve
E viene giù neve, a fiocchi piccoli fino a un’ora fa, e poi grandi e veloci. Continuo a guardare fuori e a pensare di non essere del tutto qui, di fronte a questa finestra, alla mia vita – l’altra – di fronte a questo lago. Sono tornata da poco, tre giorni appena, mi sembra una vita.
Il mondo di là, quello che chiamo casa, è rimasto chiuso dietro il vetro di una porta. E’ stato bello esserci, rivedere le mie cose, la mia gente, me. E’ passato in fretta, mi sono persa nei vicoli, nelle fontane famose, tra la gente strillona di sempre, e quante, quante macchine a fare da cornice a quello che ho visto.
Ti scrivo perché da lì, ma anche ora da qui, ti ho pensata, e cercata. Ho pensato alle tue lettere, all’isola, a come deve essere dalle tue parti l’inverno che sta per arrivare. Qui sembra qualcosa che si aspetta da sempre, come se non si facesse altro che vivere aspettando questo momento, dove tutto si veste di bianco e di malinconia. E dove tutto sembra, improvvisamente, caldo. Per contrasto, come un dispetto fatto alla natura, vedo tazze di caffè fumanti sorseggiate per la strada fredda, e cioccolate calde che campeggiano su tavolini esterni di bar e gelaterie, cammino tra vetrine di borse dell’acqua calda dai mille colori, cappelli da urlo pesanti solo a guardarli, dolci calorici e scarponi nuovi che promettono temperature da febbre, e ovunque, sorrisi. Se fossi come loro, lo farei anche io. Sorridere, dico. Ma questa è la mia “altra vita”, e un po’ di questo tempo devo lamentarmi, io sono il sole, il mare, le primavere di luce, gli autunni che sembrano estati. Devo imparare, però, l’ho promesso. Imparare che in questa vita qui, se nevica tanto, si sorride.
Mentre ti scrivo, dalla porta accanto alla mia arrivano odori di cucinato, fragranze agrodolci che mi piacciono e che non saprei rifare. E allora, di nuovo, mi vieni in mente tu, con le tue ricette col cuore dentro, come ho iniziato a chiamarle io. Mi è venuta voglia di cucinare, a me, che non ne sono capace. Però voglio sentire profumi e cuore anche nella mia, di cucina, e cantare una canzone stupida imparata da bambina a scuola. Stasera canterò per questo Land, per la Baviera, per me. E anche per te, le tue ricette, la tua casa.
Serate bavaresi con il cuore a Roma e la testa in un posto che non ho visto mai, eppure che forse ho visto, un giorno, chissà come ho fatto, forse mi hai prestato gli occhi tu. Forse sono state le tue parole, le tue fotografie. Forse è solo che i teatranti si riconoscono, sempre. O forse sono solo un tantino pazza.
Sarà bello scriverti ancora, e presto, e ancor di più leggerti. Qui a casa sono sola, stasera, non aspetto invitati, a parte quelli che mi porto sempre dentro. Poi ci sono i miei libri, e grazie a Dio i miei copioni. Li leggerò ad alta voce, appena smesso di cantare, si intende, per sentirmi un po’ più vicina alle cose che amo. Per sentirmi me.
Ti invito col pensiero alla mia tavola, che mai potrà esser bella come la tua, però è confortevole. E serena. Mi piace pensare, a volte, che basti questo.
Un abbraccio dal Land,
Sabrina
Lettera dal Land
Baviera, seconda settimana di Dicembre
Mia preziosa Gipsy,
che giornate, queste giornate!
Il sole è diventato quasi insolente, con la sua presenza fissa, e mi entra dalle finestre della camera senza nemmeno bussare. Lo adoro. Il cielo, poi, gli fa da complice, si schiarisce fino ad assomigliare a quello di casa mia. Lo ringrazio. L’aria è fredda, ma dolce.
Dicono tutti che sia arrivato Dicembre, ma secondo me è Ottobre che ci sta facendo uno scherzo e si è travestito. Non so. I bambini giocano davanti alla mia casa, urlano parole che non capisco ma poi si avvicinano alla mia finestra, bussano piano, mi salutano. Sono più belli del sole, dovresti vederli.
Dicono tutti che sia arrivato Natale. E’ vero, qui il Natale arriva prima. Profuma, accende luci in posti inaspettati, ti invita a uscire senza vergogna. Ti chiama, ti affascina e alla fine ti conquista. Non gli importa che tu appartenga all’estate, alle feste di Primavera, alla frutta fresca. Non ci crede. Fa bene, ha ragione. Me ne sono innamorata per la prima volta in vita mia, dovrei sentirmi in colpa secondo te?
Gipsy, se vedessi i mercati di Natale!! Se camminassi con me tra quelle casette di legno e le promesse di felicità per l’anno che verrà, tra quei sapori dolci e il vino caldo, tra quei sorrisi, se ti sedessi accanto a me di fronte al mio lago bavarese, così blu, così calmo, così. Così. Riesci a immaginare quali storie può contenere un posto del genere? Quali magie riesce a creare? Sono certa che riesci.
Ho sognato una di quelle storie, settimane fa. Me l’ha raccontata il lago. E’ una storia segreta, in realtà, una leggenda che si può raccontare a bassa voce ad una sola persona.
Io ho scelto mia sorella.
Ho volato fino a casa per raccontargliela. Lei ha ascoltato, i suoi occhi a mandorla spalancati per la sorpresa e la magia. Il sorriso che ha fatto e quello che mi ha detto non potrò scordarlo mai.
Non scordo mai nulla che la riguardi, in realtà. Mia sorella è mia sorella, la mia Viola del pensiero. Sai, ho scelto io il suo nome, Viola, quando avevo appena cinque anni. Nome più azzeccato non esiste.
Hai mai raccontato un segreto a qualcuno che lo conosceva già? Lei sapeva già tutto quello che avevo da sussurrarle, tanto che la fine della storia l’ha raccontata lei a me. Ancora mi chiedo come abbia fatto. Mia sorella è la magia della mia vita.
Gipsy, ti ricordi la prima volta che ci siamo incontrate? Ti ricordi di cosa abbiamo parlato? Non è stata forse un’altra delle magie di mia sorella, quell’incontro?
Sono elettrizzata! Così tante cose da fare, parole da scrivere, posti da vedere, copioni teatrali da ripassare, e così poco il tempo! Non importa, metterò le mie scarpe fortunate oggi, per andare incontro alle storie di Natale che si celano da queste parti. Ne troverò una perfetta per te. Qui basta spostare un sasso, guardare dietro un tramonto, aprire una pallina di Natale, mangiare una fetta di torta di mele, toccare inavvertitamente la mano di qualcuno. Bastano queste cose semplici a raccontarti segreti pazzeschi, favole di Natale che però sono vere, segreti da riportare a qualcuno che abbia la passione e l’amore per poterli capire e a sua volta tramandare.
Come sarà facile raccontare a te. Dolce, anche.
Sono in ritardo. Le mie scarpe, e qualcuno lì fuori, mi aspettano. Devo lasciarti, Gipsy, ma soltanto il tempo di andare a scovare posti nuovi e nuovi sogni, non ti faccio i miei auguri di Natale perché ti scriverò prima che arrivi.
Mia sorella mi ha mandato una sua foto, un’altra, che io ho attaccato in corridoio vicino a quella in cui siamo insieme, sono piena di foto sue qui nella mia altra vita, nella mia altra casa. Perché non vi sia mai una stanza senza di lei.
Mi piace immaginarti felice e indaffarata in mezzo ai meravigliosi, strani personaggi che si aggirano come gli elfi di Natale nella tua cucina. Impagabili.
Spero ti arrivi il mio abbraccio,
Sabrina
#Sabrina 3 Ballando….
Lettera dal Land
Baviera, seconda metà di Dicembre
Mia preziosa, preziosa Gipsy,
sto cercando la musica. Già la tua in realtà mi sembra perfetta, ma credo sia giusto portare anche un po’ della mia.
Hai ragione, balliamo, e non lo stiamo già facendo? Io ora sono a ballare sulla tua Dance with me – Nouvelle Vague, nella mia cucina. Ho davanti i miei piatti della colazione, la tovaglia che ho sporcato un poco di caffè, la finestra aperta perché tutti nella via sentano la tua musica, e chi se ne importa se ai tedeschi non piace la confusione.
Non sono sola, siamo in tanti qui. Ci sei tu, per prima, col tuo bucato in mano, e nella stanza, Gipsy, che profumo di cotone pulito emani! E poi c’è mia sorella, balla come una forsennata e segue perfino i passi, sbagliandoli giusto un po’. Ci sono gli occhi verdi del tuo amore, il suo colore è arrivato nella mia cucina così forte, così assolutamente irresistibile che ora ho la stanza color prato e speranza, color natura dolce e felice. Non ti preoccupare, prima di iniziare a ballare ho costruito un piccolo nido di cuscini dorati e foglie che avevo rubato all’autunno, ci ho sistemato Ariele, e mi sembra ci stia una delizia, a vederci ballare così si starà chiedendo se siamo matte o cosa, ma dobbiamo insegnarle e si impara prima, quando si è piccoli.
Ho scritto un biglietto di Natale a nessuno, non metterò il mittente e mi piace pensare che da qualche parte arriverà, una busta senza nome e con tanti francobolli blu e bianchi, e dentro un po’ di me. Intanto la festa qui va avanti, è bello passare il Natale con te, Gipsy, mi sembra di essere a casa. Quando arriverà il mio pasticcere artista (lo sai che è anche un artista che dipinge i miei sogni?) sorriderà un po’ nel vedermi ballare, qui con nessuno e con tutti voi, appena appena sorriderà, perché lui è l’uomo dei gesti lievi ma grandi, delle parole che gli escono a sussurri e son sempre poche, mica come me, che parlo anche con le mie tazze di cioccolato e con la bambola che mi sono portata da casa.
Non si sente la stanchezza, vero? E dire che è strano, perché io di giorno non so vivere, solo la notte divento davvero me, però ti ho letta poco fa e non potevo perdermi questo momento. Il nostro appuntamento con la vita arriva quando vuole lui, che vuoi farci. Indosso il mio cappello nuovo, l’ultimo amore del momento, mi fa sentire in grado di arrivare dove voglio, perfino lì da te, nei tuoi vicoli che mi affascinano, tra le pagine del tuo mondo che dalla prima notte che ho visto non sono più riuscita a dimenticare. Come siamo brave, Gipsy, non trovi? Guarda Ariele e mia sorella, perfette e così innocenti che sarà una crudeltà insopportabile doverle un giorno lasciare andare a ballare da sole in una cucina lontana, tra il bucato e i vicoli di qualcun altro, e che ansia non sapere dove.. e guarda, guarda ancora, ma come si fa a vivere senza il verde di questi occhi? Ce l’avevo anche io un verde così, una volta, di un amore diverso però, e poi l’ ho perso senza volerlo e non ho saputo più riprenderlo, ritrovarlo in altri occhi mi addolora il passato e mi addolcisce il presente e allora grazie ancora una volta Gipsy, che mi presti la felicità. Quella di quando capisci che il passato doloroso serve al futuro che crediamo di non avere, e che abbiamo, invece, quando riusciamo a salutare un verde come quello e a tenerci la nostalgia come una cosa bella, quando riusciamo a ballare negli occhi di qualcun altro, silenzioso e lieve, che mai ballerebbe senza ritegno, ma dentro poi si scatena.
Gipsy, come facevi a sapere che in una mattina qualsiasi avremmo sconfitto la disperazione per il tempo di una musica pazzesca? Come facevi a sapere che ci staremmo stati comodi, nella mia cucina stretta, a ballare tutti insieme coi sorrisi degli angeli?
Inizio ad apparecchiare, mentre tu pensi al pranzo, la leggerezza dell’animo mette sempre fame, e io ho voglia di un piatto tuo, che sa di cuore, di musica e del teatro che amiamo, che sa di buono. Mi prepari un primo come si deve? E’ tanto che un’amica non cucina per me, sarà bello vedere come muovi le mani, come un regista, che alla fine crea la magia se ha gli ingredienti giusti.
Ho trovato la musica, Gipsy, quando la tua finirà ne avremo una nuova per continuare a resistere, per non darla vinta mai a chi ci vuole ferme e digiune.
Dopo pranzo scendiamo al lago, chi se ne importa se oggi fa freddo, tanto a ballare non si ha freddo mai. La musica lì si sente anche se non hai un telefono o una radio, semplicemente lì c’è. Da sola. Non so come faccia, Gipsy, davvero. Forse sei tu, la musica del mio lago.
E’ pronto, Gipsy? Sì. Direi proprio che siamo pronti tutti, in questa cucina che per soffitto ha il tuo cielo e nelle pareti il bianco dei tuoi vicoli e sotto il tavolo, pronti a uscire, i ricordi della bambina che sei stata.
Buon appetito, e non smettiamo di tenere il tempo, mentre mangiamo nel tuo piatto dei sogni che si avverano, almeno una volta, che si avverino davvero.
Grazie Gipsy, perché ora sono un po’ stanca, molto felice e un tantino meno ferita.
Sabrina
Sabrina #4 E così fu …..di cicoria di tulipani e del vento dentro
Lettera dal Land
Baviera, ultimi giorni di Dicembre
Mia preziosa, preziosa Gipsy,
ho camminato tra rami e boschi gentili, ieri, case di legno grandi e profumose di vita alla cannella, balconi decorati e fiori, e un uomo che mi è passato davanti – o attraverso, non so ancora – col vento dentro. Cercavo tulipani che non ho trovato, in mezzo a questi giardini da favola antica, perché li avevo visti nella tua cucina e volevo portarmeli a casa. Aspetterò di trovarli nel campo di fiori liberi che c’è qui, dove per un solo pensiero scritto a qualcuno e lasciato in una cassetta blu, puoi portarti via petali e colori e fiori di ogni genere. Così, con una poesia che ti atterrisce, la Baviera ti regala sogni floreali e realtà da annusare quando vuoi.
Non ho trovato i tulipani, Gipsy, ma la storia sì. La tua. Ho spostato un ramo e una signora mi ha visto nel suo giardino, d’improvviso, a spiarle il tempo e lo spazio. Io ho gridato, lei no. Ha sorriso un poco e raccolto un cestino pieno di cose che non conosco, dello stesso colore del suo scialle invernale. E poi per me la sorpresa.
Mi ha scoperta italiana al primo sguardo, un po’ strana al secondo, e al terzo ho scoperto io che sapeva parlare la nostra lingua. Non quella del nostro paese, ma proprio la nostra, quella delle emozioni, delle storie raccontate con espressioni e gesti puliti, delle azioni sceniche essenziali, evocatrici, reali e metaforiche, assurde nell’accezione che conosciamo, la lingua della parola espressa che rimanda a immagini e sensazioni, nel più puro donarsi ogni giorno ed essere strumento e veicolo di vite che da qualche parte, in qualche tempo, vivono davvero.
Mi ha donato la storia per te, quella che cercavo dietro il sole insperato di questo inverno, su un libro che non capivo, nei chilometri che ho fatto per vedermi un altro pezzo di mondo, e che invece ho trovato in lei, capelli argento in un giardino ad anfiteatro, gesti chiari e poche parole, quelle che servivano, e il resto solo fantasia. Che io chiamo creare, ma anche essere.
La nobile storia della cicoria e del suo fiore
“Narra un’ antica leggenda bavarese che un giorno una bellissima principessa venne abbandonata dal suo amato principe, sedotto senza speranza da una ninfa. Incredula e disperata, la principessa corse e corse, inseguita dalle sue damigelle, fino a che non giunse in un palazzo dai colori magnifici ma sbiaditi. Senza pensarci la giovane sposa entrò e inginocchiatasi al centro della grande stanza ovale, pianse giorni di lacrime e dolore.
Le damigelle non sapevano che fare, lì intono a lei le facevano da scudo, come per proteggerla. Ma la principessa non riusciva a smettere di pensare al suo amato ormai perduto, non tratteneva il pianto e il suo corpo, piegato dai singhiozzi, era via via sempre più debole. La tristezza e la paura prese le damigelle, quando dopo tanto abbattersi, la principessa esclamò
– Voglio morire, anche se non lo vorrei, perché non posso vivere pensando di non poterlo più rivedere ovunque io vada.
Allora le damigelle esclamarono all’unisono
– Se è questo che vuoi, allora anche noi lo desideriamo. Vogliamo morire, anche se non lo vorremmo, ma la nostra morte non deve essere vana: morire, si, ma che sia lui a vederci ovunque, il principe infedele, su ogni strada che percorre. Questo vorremmo.
E qualcuno ascoltò le loro preghiere, e anche se nessuno potrebbe giurare che fosse la voce di Dio, ecco che una voce le raggiunse:
– Ho ascoltato il vostro dolore e i desideri, e vi porrò rimedio e fine. Non morirete, questo è certo. Diverrete dei fiori splendidi, tutte. Ma tu, dolce e disperata principessa , avrai il colore bianco del tuo vestito di sposa splendida e vivrai in tutte le strade in cui il principe camminerà, per vederlo in eterno senza essere vista. Voi, damigelle fedeli, vi trasformerete in splendidi fiori azzurri e abiterete tutte le vie e i campi e i luoghi che il principe si troverà a percorrere, perché in ogni angolo lui vi scorga e vi veda per primo e dappertutto.
E così fu.”
Per questo motivo, ancora oggi, il fiore della cicoria è chiamato qui Wegwarte, “guardiana delle strade”, e si schiude all’alba per poi richiudersi al tramonto, quando il principe, lontano dalle strade, è ormai tornato al suo castello.
La tua storia Gipsy, che ha il profumo delle tue cose buone, la poesia del nostro essere teatranti, e la voce e gli occhi e i gesti di una signora bavarese sconosciuta, con un cesto in mano, in un giardino ad anfiteatro, in un giorno qualunque. Ma forse mi sbaglio. Forse, quella signora, io l’ho conosciuta in un modo in cui è difficile conoscere qualcuno. Forse l’ho conosciuta davvero.
Ti arriverà, ne sono certa, il mio lungo abbraccio,
Sabrina
Sabrina #6 Ho scritto di un viaggio…..
Lettera dal Land
Baviera, primo vero giorno di Primavera
Gipsy del cuore,
finalmente è arrivata, oggi, sorridente come un bimbo col primo cono gelato della stagione in mano, la Primavera bavarese. Ci ha colti tutti di sorpresa, a dir la verità, ché ci aspettavamo cieli grigi e venti del Nord suggeriti dai nostri super (inutili) moderni telefoni, e invece eccola, vestita di azzurro, elegantissima come sempre. A dir la verità non so bene quanto resterà, in Baviera le stagioni ti vengono a trovare per pochi giorni, poi scappano chissà dove e tornano quando tu non sei pronta ad accoglierle e sulla tua tavola non hai niente di preparato e sfizioso da offrire. Credo che lo facciano per vedere quanto tu sia ospitale e creativa, generosa e ottimista, e spesso mi viene da pensare a te, che qui dalle mie parti saresti la padrona di casa preferita di ogni Primavera e di ogni Signora Estate, con la tua cucina profumata e sempre pronta, col tuo cielo nelle stanze di casa e l’odore del teatro dietro la porta.
Gipsy, capisci che non potevo scegliere giorno migliore per scriverti. Il primo vero giorno di FrauPrimavera (come si indicano le signore qui in Baviera). In queste settimane di minestre calde e serate gelide ho pensato a tante cose, e sognato molto. Moltissimo. Ho scritto di un viaggio che voglio fare presto, in un posto che ho già visto ma che mi chiama da un po’, e tu sai quanto sia difficile dire no alle cose che ami. So già che verrai con me, a prescindere dalla noiosa distanza fisica che ci separa e che ormai si è fatta dettaglio inutile, che noi abbiamo imparato a deridere in un modo che ancora oggi mi stupisce e mi diverte tantissimo. Ho già deciso che la prima foto che scatterò sarà per te, un pezzo di cielo assolato in una terra un po’ lontana, ma neanche troppo, che parla una lingua difficile e sconosciuta, in una città dai mille ponti, tutti eleganti e maestosi, eppure anche semplici, se capisci che intendo. Non sarà bello essere lì insieme?
Nel frattempo continuo a scrivere – non so ancora quando partirò, ché io le cose non so programmarle ma anzi sono loro che di colpo mi prendono per mano e mi portano via, sequestrandomi per giorni in una magia che poi quasi sempre fatico a dimenticare – continuo a scrivere, sì, dividendomi tra il lavoro e le lettere agli amici, che io ancora scrivo a mano, come facevo da bambina. Quanto ho amato scrivere lettere a mano, Gipsy! Le imperfezioni, le parole sempre un po’ storte, le virgole e i punti accennati ma vivi, la data in alto a immortalare un momento che non tornerà più, e che ti mancherà, un giorno, e poi righe fitte di emozioni e domande scritte che si portano già dentro la speranza di una risposta, e alla fine i baci e gli abbracci fatti di lettere ma anche di gesti invisibili, racchiusi in poche parole, fino alla firma, quel tuo nome a chiudere un cerchio, come il buio alla fine di uno spettacolo, il tuo nome scritto come un inchino. Gipsy, se rinasco voglio fare lo scrivano!!
Sono stata a Roma, solo pochi giorni di casa, e per la strada ho sentito una voce portata dal vento gentile di una stagione già bella, un uomo che parlava con tutta la calma del mondo, e in quel luogo così poco tranquillo come è la mia città, mi è sembrato quasi un miracolo di Dio, la voce di uno che si è rubato il tempo degli uomini e se ne va in giro a restituirlo a caso, a chi ha la fortuna e la pazienza di ascoltarlo. Anche lì ho pensato a te, ripromettendomi di raccontartelo, ché tu puoi capire bene come ci si sente quando una voce, nel rumore della vita, ti blocca il passo e ti colpisce come il primo schiaffo che ti ha dato tua madre, che poi alla fine e per sempre non dimentichi più. Ecco, non riesco a dimenticare quella voce e quel modo così lieve di essere, eppure così forte. Allora ho capito che devo scriverci su, crearci dietro un mondo di idee strambe e improbabili così tanto care alle persone strambe e improbabili che forse noi siamo.. E chissà se ho sbagliato ad aggiungere forse!!
Roma è sempre più bella e sempre più disperata, e mi sono chiesta se anche questo suo essere così drammatica la renda la meraviglia che è. In ogni caso è sempre casa mia. E mi ha colpito capire, forse davvero per la prima volta, quanto diversa sia da questo Land. A Roma la Primavera arriva per restare, così come le altre sue compagne, non fa troppi scherzi e non ha fretta di andare, non ti sorprende più di tanto ma anzi bussa alla porta prima di entrare e poi si accomoda, aspettando che tu le renda gli omaggi che merita. Ma se non lo fai non si offende, sta seduta lì e va via solo quando proprio deve. Non è capricciosa né troppo viziata, e tu sai sempre cosa fare. Qui no, qui è più difficile. Eppure..
Gipsy, che si dice nella tua Isola? Mi piacerebbe leggere che c’è un tempo buono, e che buoni sono i sogni sotto quel pezzo di cielo, e gentili, che Frau Primavera non fa i capricci ma anzi che ogni giorno si accomoda alla tua tavola a mangiare quel che c’è, con grazia e sorrisi. Mi piacerebbe leggere che Speranza e Futuro sono le protagoniste di quello spettacolo che è la tua Isola, che contrariamente a quanto si pensa, è un’Isola che c’è. Eccome!
e lo dai un consiglio prima che io ti lasci? Me lo dici quale pasto ama la Primavera, e cosa posso mettere sulla tavola per sedurla e convincerla a restare? Sai che per me solo tu puoi farlo.
Come sempre ti lascio, come sempre per poco,
Sabrina